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CONSAPEVOLEZZA: FARO O LANTERNA?


Ugo d'Aloja - 13 Aprile 2023 - 0 commenti

Ci sono cose astratte la cui importanza nella vita è davvero molto concreta. Una di queste è la consapevolezza. La consapevolezza è quella nostra risorsa che ci rende collegati alla realtà che ci circonda e alle persone con cui siamo in relazione. La realtà è qualcosa di continuamente mutevole; la consapevolezza è la qualità che consente di adattarci ai cambiamenti della realtà in cui siamo immersi, di qualsiasi natura essi siano, e di sopravvivere. Siamo consapevoli, perché elaboriamo informazioni che ci mettono in condizione di comprendere le situazioni che ci circondano e quindi di reagire. Questa capacità ci fa intuire, percepire, riconoscere, definire, descrivere tutto quello che ci sta intorno e che ci coinvolge. Quando questa capacità viene meno, per errori di valutazione, veniamo accusati di essere incoscienti. Ma coscienza e consapevolezza non sono la stessa cosa: la prima accade, la seconda si esercita.

Mi sono sempre chiesto come funziona tutto ciò. La risposta non è facile perché la consapevolezza non si tocca, la consapevolezza non ha un luogo preciso dove possa essere collocata. Certo, è nella nostra mente che sta nel nostro cervello. Su questo siamo d’accordo, ma all’interno del cervello, che contiene miliardi di neuroni, dove sta di preciso la consapevolezza? Le neuroscienze stanno scavando alla ricerca di una risposta a questo enigma e più si scava più domande sorgono.

Una di queste domande è sulla natura della consapevolezza. Essa non è sempre uguale. Un tipo di consapevolezza è quella che funziona come un faro che quando si accende nella notte improvvisamente rende evidente tutto quello che prima era celato dalle tenebre. Questa consapevolezza la conosciamo benissimo tutti nel momento in cui all’improvviso qualcosa che non sapevamo ci appare chiaro. In questi casi si dice di aver avuto una illuminazione. Il fenomeno è così potente che qualcuno fornisce una interpretazione mistica a questo accadimento. In realtà, nella nostra mente si agitano miriadi di conoscenze e informazioni, ma la maggior parte di esse restano sotto la superficie della consapevolezza come la maggior parte dei pesci sta sotto la superficie dell’oceano. Pochi pesci alla volta escono in superficie e così accade per la consapevolezza. Ma l’oceano è enorme e le sue correnti profonde sono in grado di influenzare non solo la sua superficie ma tutto il clima del pianeta. Allo stesso modo molte cose che si agitano nel profondo della nostra mente, nell’inconscio, nel subconscio, ci influenzano e non poco, senza che se ne abbia consapevolezza.

Una seconda tipologia di consapevolezza è quella che funziona come una lanterna nella notte. Una lanterna che diffonde il proprio tremolante chiarore introno a sé, consentendoci di intuire senza poter definire con precisione le cose. Questa consapevolezza è come il campo ottico periferico. Non mostra le cose a fuoco, ma riesce a darci comunque delle informazioni preziose che talvolta possono addirittura salvarci la vita. C’è chi chiama tutto ciò sesto senso, si tratta di intuizioni, di sensazioni non meglio definite o che non riusciamo a definire meglio che però esistono, ci influenzano e non dovremmo ignorare.

Imparare a conoscere noi stessi, analizzare i meccanismi con cui funzioniamo serve a renderci conto sia dei nostri limiti che dei nostri potenziali. È una questione di esercizio. Il nostro cervello funziona proprio così: imparando dagli errori, allenandosi, studiando e ripetendo apprende ed elabora. Mettendoci in discussione, auto criticandoci, confrontando le situazioni, evitando di auto celebrarci, di auto ingannarci e auto compatirci aumentiamo l’attività delle aree cerebrali della consapevolezza e le loro connessioni sinaptiche. Non c’è altro modo per diventare migliori. In ogni campo.  

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