Prima o poi ci facciamo trovare sorpresi dal trascorrere del tempo che passa in maniera inesorabile, non fermandosi mai, totalmente indifferente ai nostri destini. Ci sono strumenti di misura del tempo precisi come gli orologi atomici che ci dimostrano che esso viaggia sempre alla stessa velocità, ma sappiamo tutti che non è così, la nostra percezione non è proprio questa; quando ci annoiamo non passa mai, quando ci divertiamo vola. Quando siamo assorbiti da qualcosa di impegnativo o stiamo vivendo momenti di stress a volte il tempo pare essere fermo e altre volte non ne abbiamo abbastanza a disposizione.
La scienza moderna ha dato ragione alle nostre sensazioni da quando un buffo e geniale ometto dai disordinati capelli bianchi che si chiamava Albert Einstein ha postulato la TEORIA DELLA RELATIVITA’: essa sostiene – tra le altre difficili cose da capire – che il tempo è relativo al sistema in cui siamo inseriti. Pare che un viaggiatore inviato nello spazio interstellare, al suo rientro tornerebbe sulla terra più giovane del suo fratello gemello restato quaggiù.
La teoria della relatività
La teoria della relatività ci aiuta a ricordare che siamo solo un granello di polvere che brilla per un breve istante nella luce del giorno per poi scomparire per sempre nel buio del nulla. Con l’età il tempo ci porta via tante cose lasciandoci l’inquietante sensazione che il metro che abbiamo a disposizione si accorci ogni giorno un po’ di più, oppure che, come racconta l’esilarante Fiorello, si muova sempre più in fretta, proprio come fa il rotolo di carta igienica del nostro bagno man mano che arriva verso la fine.
Il tempo che ci serve è quello che è, non poche volte siamo in ritardo al punto da non riuscire a fare tutto quello che vorremmo fare; solo allora scopriamo, con amara sorpresa, che ormai è troppo tardi; il tempo scaduto non si trova in vendita e non si scambia il proprio con quello degli altri.
Il tempo: Chronos, Aion, Kairos
Una volta il tempo della nostra vita era scandito solo dalle albe e dai tramonti, vivevamo seguendo il ritmo della natura. Al giorno d’oggi il tempo lo misuriamo in ore e minuti nella successione di infiniti istanti immersi in una fredda dimensione quantitativa, proprio quella che ci provoca lo stress ogni volta che siamo in ritardo. Gli antichi greci chiamavano questo tempo CHRONOS che era la divinità deputata a temporizzare gli eventi della nostra vita nella loro successione cronologica. Noi uomini contemporanei oltre a perdere molto del nostro tempo in maniera sciocca, abbiamo anche perso di vista le altre due maniere per definire il tempo che gli antichi greci utilizzavano, ed è un vero peccato.
Prima di tutto c’era l’AION che indica il tempo cosmico, il tempo astrale, quello che vige nello spazio siderale a partire dal BIG BANG, il tempo delle stelle. Questo tempo, l’AION, regola anche il movimento degli astri nel cielo e il ciclo delle stagioni. A questa ciclicità è strettamente legato il concetto dell’ETERNO RITORNO dell’identico; si tratta di una dimensione che non considera più il tempo in una DIMENSIONE LINEARE, una dimensione finita (proprio quella che ci impone il fardello della caducità), ma lo considera in una DIMENSIONE CIRCOLARE, una dimensione che è in grado di farci sentire parte di una realtà sovraindividuale fino al punto che qualcuno ha scritto: “…e mi sovvien l’eterno/ e le morte stagioni e la presente/ e viva e il suon di lei, /così tra queste immensità/ s’annega il pensier mio…”.
Il terzo tempo che gli antichi greci consideravano è quello del KAIROS, l’occasione, l’attimo fuggente che devi cogliere in quell’istante preciso perché non vada perduto. La responsabilità di non perderlo è tutta sulle nostre spalle. Il Kairòs è un tempo sempre presente, saperlo cogliere ci consente di afferrare al volo quell’intuizione che può condizionare il futuro. Si tratta di una dimensione, l’unica, che sfugge al controllo costante degli dei sui nostri destini. Il Kairòs, se lo sappiamo afferrare, può influenzare la diagnosi e la terapia di un nostro paziente facendoci cogliere segni e indicazioni proprio nell’istante in cui stiamo parlando con lui di lui (o lei di lei). Dobbiamo imparare ad ascoltare le nostre sensazioni, saperle riconoscere, fidarci di loro, prendere le nostre decisioni in un istante, proprio perché sono loro che possono cambiare una vita. QUESTO È IL DOVERE DELL’ORTODONTISTA.
Il Kairòs accade, nulla di più, nulla di meno. La perduta saggezza degli antichi è stata cantata da Orazio: “Dum loquimur fugerit invidia aetas: carpe diem, quam minime credulo postero”. Mentre viviamo l’istante e l’emozione presente riusciamo a sfuggire al controllo ossessivo di quel nemico implacabile che sta in noi: la nostra mente giudicante che ci vuole irretire nei pregiudizi che limitano sempre di più la nostra esistenza libera.