Che senso ha la nostra vita? Chi siamo? Cosa ci facciamo su questa terra? Che scopo abbiamo? Si tratta di domande che l’essere umano si pone da sempre. A me vengono in mente quando guardando un cielo stellato, nel corso di una notte senza luna, penso che la luce di Alfa Centauri risale a quattro secoli fa… beh, in quel momento la sensazione che provo mi fa sentire il nulla che sono.
Le risposte a queste domande hanno provato a darle la religione, la filosofia, la poesia, la psicologia, la biologia. Al giorno d’oggi sono argomenti su cui si applicano perfino le neuroscienze che forse sono l’aggancio più vicino all’assoluto che questa stagione di relativismo culturale ci permette. A seconda del contesto e dell’epoca storica in cui viveva, l’essere umano ha sempre cercato di rispondere a questi temi senza mai arrivare ad una risposta definitiva che potesse accontentare tutti e per sempre. E per fortuna! A questo obiettivo, chissà, non ci si arriverà mai; c’è troppa varietà di gusti per poter accontentare tutti. Ciò nonostante è vero che bisogna porsele queste domande, perché è attraverso di esse che passa la strada per giungere alla piena consapevolezza di sé o perlomeno per tentare di ottenerla.
Vivere la vita in pieno, fare tante esperienze e compiere molti errori ci arricchisce e fa di noi ciò che siamo. Quanto più tutto questo sarà accompagnato da una visione finale, tanto più realizzati saremo. Sarà sufficiente per essere felici? Penso di no; in ognuno di noi alberga una inquietudine di fondo che cova come la brace sotto la cenere, sempre pronta a divampare. Ci saranno salite e discese, cadute ed inciampi durante la ricerca delle risposte. La sublimazione di noi stessi probabilmente arriverà mentre saremo impegnati nel fare piuttosto che attraverso l’annullamento del nirvana; per quello ci sarà l’aldilà.
Nel frattempo le domande su “chi sono io?” continueranno ad arrovellarci e questo scavare continuo nel profondo della nostra identità sarà utile per scoprire che non siamo altro che animali di relazione, non autosufficienti ed incompleti quando soli, bisognosi di un altro con cui confrontarsi e scontrarsi in una dialettica continua che non è altro che la storia del biologico processo di rinnovamento continuo a cui sono soggetti tutti gli esseri viventi e che fa sì che l’”io che sono io” sarà sempre (quasi) uguale e sempre un po’; diverso. Credo che sia proprio in questo intricato dedalo di riflessioni e considerazioni che potrebbe trovarsi il senso di sé, oppure potrebbe essere nascosto solo nella semplicità più essenziale. Di certo nella ricerca del qui ed ora c’è un residuo dell’infinito da cui proveniamo e a cui torneremo alla fine della storia dell’universo quando il Caos prevarrà.