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Il fare positivo, ovvero l’ottimismo della volontà


Ugo d'Aloja - 10 Agosto 2021 - 0 commenti

Quante ragioni abbiamo per poterci definire ottimisti mentre la nostra vita quotidiana trascorre su questo pianeta? Da sempre l’essere umano si interroga su questo tema; chiunque di noi dopo essersi guardato intorno è in grado di farsi un’idea su cosa propone la vita e di quali e quante difficoltà gli esseri viventi incontrano ogni giorno. Ne hanno scritto filosofi e poeti per migliaia di anni. Il pessimismo storico e quello cosmico hanno prima affascinato e poi convinto intere generazioni di liceali, conquistandole con il fascino romantico della loro dialettica influenzando a lungo la loro esistenza. A me è andata così, non trovando conforto nella religione, sono stato stregato dal “Canto notturno di un pastore errante dell’asia”. La potenza lirica di quei versi, la visione disincantata che ne conseguiva sono state a lungo la cifra intellettuale che mi ha ispirato. 

Poi, sono diventato padre e non ho più potuto pensare a queste cose perché dovevo far vivere la mia famiglia; “Primum vivere, deinde philosophari”. La lezione che ho tratto dall’esperienza della paternità, che si è subito raccordata alla necessità di dare sostegno materiale ed educativo alla mia famiglia, è stata quella di concentrare tutta la mia energia nell’azione. Azione significa fare, qui ed ora, concentrati sul presente con una visione precisa su quale futuro costruire. I ragionamenti sulla natura matrigna sono affascinanti, ma non aiutano chi deve lavorare ed impegnarsi ogni giorno; essi contribuiscono a creare in noi una maggiore consapevolezza ed una identità, rendendo più realistica e meno idealizzata la vita. Da quel momento in poi inizia la vera sfida dell’esistenza.

All’opposto del pensiero pessimistico c’è la visione di chi abbraccia il pensiero positivo; anche questa è una trappola che la nostra mente ci tende. Il pensiero positivo, quando è fine a sé stesso è un trabocchetto che la mente errante, il nostro nemico più pericoloso, ci tende per poi metterci di fronte, presto o tardi, ai nostri limiti, spesso autoimponendoceli. In tal modo si riduce sempre di più, man mano che gli anni passano, il nostro margine di manovra.

La ragione tende a renderci pessimisti, infilandoci nella trappola dell’accidia; la volontà invece ci spinge all’ottimismo, ma se questo non si trasforma in azione rimane un inutile esercizio. La nostra mente è un compagno di viaggio molto subdolo; se le concediamo piena libertà essa prende rapidamente il sopravvento condizionandoci con pensieri intossicanti. È una lotta dalla quale alla lunga non usciremo mai vincitori, la ragione in questo ci è di conforto; ma per vivere appieno, condizionati quanto meno possibile dai pensieri autolimitanti legati a un passato che non si può più recuperare o a un futuro che possiamo solo immaginare,

NON CI RESTA ALTRO DA FARE SE NON AGIRE NEL PRESENTE.

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